Celiachia e terza età: cosa cambia nella diagnosi e come stare vicino ad un anziano

Sappiamo quanto la celiachia possa risultare una patologia complessa per chi ne soffre. Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, ed il mondo medico scientifico, la diagnosi precoce è importantissima, poiché molti sono i malati che arrivano alla diagnosi in età adulta o avanzata, con conseguenze anche gravi per la salute.

Anche se la scienza ci ha assicurato che non si nasce celiaci, ma che questa malattia autoimmune viene fuori grazie ad una particolare predisposizione genetica, abbinata ad una o più cause scatenanti, possiamo ancora chiederci qual è la differenza nelle varie fasi della vita del paziente, di questa patologia?

Qual è, insomma, il rapporto tra celiachia e terza età? E’ più difficile da diagnosticare? I sintomi negli anziani sono diversi da quelli di un giovane adulto o di un bambino? Come si può aiutare allora, chi si trova in questa delicata fascia d’età, ad affrontare tale cambiamento di vita, oltre che alimentare?

Cercheremo di scoprirlo in questa piccola guida, e di dare qualche informazione (e qualche consiglio) per chiarire alcuni punti.

La diagnosi avviene spesso in ritardo: ecco i principali motivi

L’Accademia di Finlandia, insieme con l‘University Hospital di Tampere e la Sigrid Juselius Foundation (prestigioso istituto di ricerca di Helsinki), hanno finanziato e portato avanti un’indagine sulla celiachia nella terza età (che verosimilmente dovrebbe cominciare dopo i 60 anni, anche se le ultime ricerche parlano addirittura di over 75).

In pratica, quello che si è scoperto è che un quarto di tutte le diagnosi di celiachia (un numero non indifferente) viene effettuata solo a 60 anni, un quinto a 65 anni o più, e un 4 per cento ad 80 anni.

Ciò è dovuto al fatto che molta parte dei pazienti celiaci (e vale per qualsiasi età) resta senza una diagnosi dal momento che i sintomi non appaiono importanti e non vengono presi in molta considerazione neppure dai medici.

Al ritardo della scoperta di essere ammalati (o al non scoprirlo affatto) contribuisce molto anche la diffidenza del paziente anziano verso la celiachia, ed il suo sottovalutare la patologia. La diagnosi tardiva può risultare però molto pericolosa, perché spesso conduce a complicazioni anche pesanti come il linfoma intestinale, la ileite ulcerativa o conseguenze sul sistema immunitario e neurovegetativo.

Quali sono i sintomi di celiachia negli anziani?

I sintomi di celiachia negli anziani sono più o meno gli stessi che quelli che si presentano nelle altre fasi della vita, solo più sfumati o, in alternativa, relativi già a delle conseguenze che stanno sorgendo.

La difficoltà di diagnosi, a quest’età, è spesso dovuta alla presenza di sintomi che non riguardano l’apparato gastro-intestinale, e che quindi costringono il paziente a vagare di specialista in specialista. 

Calo di peso, diarrea persistente per molte settimane (oltre le tre si deve cominciare a sospettare), meteorismo, carenze vitaminiche, crampi e dolori muscolari o anemia da carenza di ferro e pallore sono, in ogni caso, sintomi che denotano un avanzare della patologia. Attenzione anche in caso di alterazione della funzionalità epatica e disturbi ginecologici persistenti. Presente anche una ridotta densità ossea, proporzionata al malassorbimento intestinale e da non confondere con l’osteoporosi.

Spesso la patologia (come capita per molte altre) viene scatenata da uno stress o da un evento traumatico. In alcuni casi l’intraprendere un regime alimentare con la totale esclusione di glutine ha consentito ad alcuni pazienti di far rientrare sintomi relativi a diminuzione delle facoltà cognitive (in corso ci sono anche, da alcuni anni, studi scientifici sulla correlazione tra celiachia non curata e Morbo di Alzheimer).

Interessante ricordare, inoltre, che la celiachia è una malattia che può restare anche silente ed asintomatica, e che può esordire a qualsiasi età, anche avanzata. Da non trascurare, infine, un dato di tipo farmacologico: l’impiego di farmaci FANS, antinfiammatori non steroidei, potrebbe infatti risultare all’origine di alterazioni intestinali alla base della celiachia.

Come aiutare i pazienti senior a questo cambiamento di vita e alimentare

Non è facile per un paziente over 60/65 ricevere una diagnosi di celiachia. Il motivo si intuisce: le sue abitudini alimentari sono già tutte strutturate ed un cambiamento di mentalità non è poi così immediato come ci si potrebbe aspettare di primo impatto. Risulta, pertanto, fondamentale il ruolo dei familiari in tali contesti. 

Un figlio, un nipote, qualcuno vicino e di cui l’anziano si fida, potrà fare da guida e consigliere nella scelta dei prodotti da acquistare, durante la spesa al supermercato o nei negozi specializzati (soprattutto nella lettura delle etichette e di alcune diciture).

Potrà rivelarsi utile anche nell’insegnare a mangiare e cucinare, oltre che per i metodi di cottura, soprattutto per le accortezze da seguire al fine di evitare possibili contaminazioni. Si tratta, in effetti, di scombussolare letteralmente una vita intera, vissuta per tanti anni secondo determinati schemi mentali e metodicità, per cui ci vorrà molta pazienza. 

Chi starà accanto alle persone anziane a cui è stata diagnosticata la celiachia sarà perciò un vero e proprio “caregiver, cioè apportatore di cure.

Ecco alcuni esempi pratici, suggeriti dagli psicologi, per farsi ascoltare dal paziente anziano. Un consiglio molto valido, ad esempio, può essere quello di fare domande dirette e chiare, del tipo: “Hai fatto colazione?”, oppure “Hai mangiato la tua merenda con la spiga sulla confezione?”.

Si può, poi, invitare l’anziano a cucinare insieme, facendo scoprire degli ingredienti nuovi e nuovi gusti, magari reinventando o reinterpretando vecchie ricette o vecchi modi di cucinare. 

È importante, ad ogni modo, non lasciare solo il paziente “over” (neanche durante le visite di controllo o le indagini) ma essere sempre presenti senza essere tuttavia invadenti. Se si viene percepiti come invadenti, infatti, i risultati delle cure potrebbero essere vanificati e si otterrebbe l’opposto di quanto invece si sperava.

Fonti utilizzate

  • Vilppula A, Collin P, Mäki M, Valve R, Luostarinen M, Krekelä I, et al. Undetected coeliac disease in the elderly: a biopsy-proven population-based study. Dig Liv Dis 2008;40:809-13;
  • Maki M, Mustalahti K, Kokkonen J, Kulmala P, Haapalahti M, Karttunen T, et al. Prevalence of celiac disease among children in Finland. N Engl J Med 2003;348:2517-24

Francesca

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