La Celiachia, più propriamente nota come Malattia Celiaca (MC) , è una malattia su base autoimmune a carattere intestinale. E’ basata sulla concomitanza di più fattori e viene scatenata dall’assunzione di glutine attraverso l’alimentazione. Colpisce più o meno l’1% della popolazione mondiale tra uomini e donne, adulti e bambini. Indipendentemente dal loro stato di salute, dalle condizioni di vita e dalla dieta da essi protratta nel corso della vita.
I cereali raffinati sembrerebbero causare più problemi rispetto ai cereali meno lavorati, ma si tratta di studi incerti e tutt’oggi dubbi, dal momento che vi è un’elevatissima incidenza di celiachia anche all’interno di quelle popolazioni povere che consumano esclusivamente prodotti derivanti dalla coltivazione diretta e mai dalla lavorazione industriale.
La celiachia è una malattia, e non va confusa con l’intolleranza al glutine (NCGS), dibattuta quotidianamente dall’universo scientifico, né con l’allergia allo stesso, due condizioni trattabili ma con caratteristiche completamente diverse.
In questo articolo si parla di:
Che cos’è il glutine?
Il glutine è una tra le frazioni proteiche più frequentemente consumate dall’intera popolazione mondiale (in media 10/20g die) ed è la principale componente proteica della maggior parte dei cereali “moderni” presenti in natura. Si tratta, dunque, di una proteina vegetale.
Come tutti noi ben sappiamo, il corpo umano non è in grado di assimilare i nutrienti così come gli vengono proposti. Una proteina non verrà mai dunque sfruttata dal nostro organismo tal quale ma piuttosto sarà scomposta in frazioni più piccole e assimilabili, grazie a una complessa catena di reazioni enzimatiche. In particolar modo, ciò di cui il corpo umano si nutre sono “amminoacidi” e non proteine.
Una volta scomposta una qualsiasi proteina in amminoacidi, il corpo umano non sarà più in grado di ricordare se l’amminoacido “X” provenisse dal glutine o provenisse, ad esempio, dalle carni magre. Un amminoacido sarà per il nostro organismo un amminoacido, punto.
Ciò che crea problemi nel glutine non è dunque il suo (peraltro ottimo) profilo amminoacidico, che lo rende forse la proteina vegetale più completa e dal più alto valore biologico, ma piuttosto la difficoltà che l’organismo incontra nella sua scissione.
Ma perché il glutine è così difficile da digerire?
I motivi alla base della difficoltà oggettiva di digestione del glutine da parte di chiunque (e dunque non soltanto da parte di chi ne è intollerante) sono principalmente due.
- Il glutine non viene quasi mai consumato “da solo”. Fatta eccezione del seitan, ricavato del glutine ottenuto dalla farina di glutine stessa, il glutine viene assunto generalmente sottoforma di cereali. Tutti i cereali presenti in natura, soprattutto se raffinati, hanno al loro interno una discreta quantità di inibitori della proteasi. Le proteasi sono gli enzimi reclutati nella “digestione” proteica. La scissione del glutine, quindi, giacché esso viene consumato sottoforma di alimenti ricchi di anti-proteasi, è di per sé rallentata.
- Il glutine è la molecola preferita dai panificatori, e non è un caso. Le due principali catene di dipeptidi dalle quali è composto sono non-idrosolubili e permettono di essere “plasmate” con facilità. Il fatto che l’organismo non possa servirsi dell’acqua per facilitarne la scomposizione rallenta ulteriormente il processo digestivo, facendo sì che la molecola permanga più a lungo all’interno del lume intestinale.
Occhio a creare allarmismi, però: i cereali contengono inibitori della proteasi a prescindere da che si tratti di cereali con o senza glutine. Consumare cereali senza glutine in accompagnandoli a proteine anche estremamente digeribili (come quelle dell’albume d’uovo) comporta gli stessi rallentamenti digestivi e assorbitivi dati dall’assunzione di glutine. Ma questo non è un problema per il corpo umano, che semplicemente impiega più tempo ad assimilare i nutrienti, ma li assimila comunque.
Come si manifesta la celiachia? A che età?
La malattia celiaca ha generalmente due picchi di insorgenza: il primo riguarda la primissima infanzia, il secondo l’età adulta.
Il soggetto celiaco è un soggetto che, oltre a mal tollerare il glutine, sviluppa una risposta autoimmune estremamente fastidiosa in concomitanza con la sua assunzione. I sintomi più frequentemente riportati sono quelli di tipo intestinale (diarrea, dolori e distensione addominale, vomito, flatulenze) o extraintestinale (anemia, rachitismo, osteoporosi, mancanza di concentrazione, sviluppo di altre patologie autoimmuni come il diabete di tipo 1 e la tiroidite di Hashimoto, carenze vitaminiche e minerali con tutte le patologie che ne conseguono). Esistono tuttavia forme di celiachia dette anche “Silenti” o “Atipiche” che sono esenti dalla comparsa di tutti questi disturbi.
Il paziente che si reca dal medico per sospetta celiachia è solitamente un paziente che, pur non conoscendone le cause, inizia ad accusare malessere generalizzato. Nausea, spossatezza, disturbi intestinali e aspetto via via peggiorante. Le carenze vitaminiche e minerali causate dal malassorbimento provocano inevitabilmente un calo ponderale e l’instaurarsi di un aspetto all’apparenza “malato”, poco sano.
Se non diagnosticata per tempo, la celiachia potrebbe portare il paziente ad avere pelle e capelli secchi e di brutto aspetto, mucose pallide dovute all’anemia e affaticamento generalizzato, visibile anche ad occhio nudo.
Chi è soggetto a celiachia?
Per l’instaurarsi della malattia è necessario essere predisposti geneticamente alla stessa. Per sviluppare malattia celiaca è conditio sine quam non avere variazioni genetiche HLA per i geni DQ2 e DQ8. Tali variazioni sono presenti tuttavia in una frazione elevatissima della popolazione, stimata attorno al 30%.
L’incidenza della malattia celiaca sulla popolazione mondiale è invece più o meno dell’1%. La predisposizione genetica è pertanto fondamentale per lo sviluppo della malattia ma non è utilizzabile come criterio diagnostico predittivo. Le donne sembrerebbero essere più predisposte rispetto agli uomini (con un incidenza di 1,5/2 volte maggiore) e la predispodizione familiare può giocare un ruolo fondamentale.
Quali sono le complicazioni da malattia celiaca?
La malattia celiaca è una condizione estremamente grave, che va diagnosticata e trattata con tempestività anche laddove silente o esente da sintomi.
La base autoimmune della stessa, se associata all’introduzione di quantitativi di glutine anche minimi e anche “una tantum” (sgarri) porta all’instaurarsi di processi infiammatori che provocano l’atrofia, nei casi più gravi permanente, dei villi intestinali. Il danneggiamento della mucosa duodenale apre poi le porte all’ingresso di agenti patogeni e all’abbassamento delle difese immunitarie.
Le complicazioni da celiachia non curata possono essere gravissime e includere anche problematiche di natura oncologica, motivo per il quale, giacché l’unica cura ad oggi esistente è basata sull’esclusione totale del glutine dall’alimentazione del soggetto malato, lo stesso andrebbe messo in guardia circa tutte le problematiche alle quali potrebbe andare incontro in caso di rifiuto (anche solo parziale) delle cure.
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