Celiachia, come si diagnostica: gli esami da fare

La celiachia è una malattia complessa, multifattoriale e spesso difficile da diagnosticare. I sintomi non sono quasi mai né palesi né prevedibili. A meno che non si manifesti in maniera improvvisa e nella sua forma più classica… con i sintomi tipici di qualsiasi altra intolleranza alimentare.

E’ proprio per questo motivo che nonostante gli studi moderni abbiano permesso l’ingresso, in campo medico, di nuove tecnologie per una più rapida e certa diagnosi, le stesse vanno spesso incrociate tra loro per arrivare a una conclusione effettiva e sicura. Non è quasi mai sufficiente un solo esame per la diagnosi della celiachia, e dunque la stessa deve essere raggiunta ponendo fede a un protocollo ben preciso, regolamentato dalle legislature in vigore.

Qual è il modo più semplice per diagnosticare la celiachia?

Qual’ora il caso in esame non dovesse essere particolarmente difficile da diagnosticare e non richiedesse, dunque, una valutazione attenta dei risultati offerti dai test, una loro ripetizione o l’incrocio con altri esami ad escludere patologie con gli stessi sintomi, la strada di base da seguire per l’accertamento della presenza o meno di Malattia Celiaca (MC) sarebbe più o meno la seguente:

  • Verifica della presenza di predisposizione genetica mediante semplici analisi del sangue
  • Dosaggi sierologici per gli anticorpi specifici per la celiachia
  • Biopsia dell’intestino tenue per accertare atrofia dei villi intestinali

Linee guida ufficiali per la diagnosi della celiachia: cosa è cambiato?

Le linee guida ufficiali più recenti, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nel 2015 (GUn.191 del 19/08/2015), pongono in essere la soluzione a diversi problemi riscontrati in seguito a diagnosi di celiachia (spesso sbagliate) e al loro follow up. Sono state riviste le linee guida già rese ufficiali nel 2008 e sono stati apportati importanti passi avanti. Le novità di maggiore rilievo sono le seguenti:

  • La biopsia intestinale è stata dichiarata come esame indispensabile alla diagnosi soltanto in età adulta
  • L’esecuzione di test genetico per verificare la predisposizione alla malattia celiaca è stata resa obbligatoria, in età pediatrica, per tutti quei casi con discendenza diretta (parente di 1° grado ammalato di celiachia) con conseguente follow up in caso di esame genetico positivo da eseguire vita natural durante, ogni due anni.
  • Possibilità di applicare il protocollo ESPGHAN (superando lo scoglio della biopsia gastrica) in determinati pazienti che rispettano le caratteristiche richieste

Protocollo ESPGHAN per la diagnosi di Malattia Celiaca

Il protocollo ESPGHAN è un protocollo pratico e, ad oggi, assolutamente affidabile. Consente di superare la problematica della biopsia duodenale e di arrivare comunque a diagnosi concreta (e dunque riconosciuta dalla legge italiana) senza ricorrere alle istologie.

Le biopsie del tessuto duodenale sono fastidiose e possono essere anche molto dolorose; vengono eseguite mediante tecnica di prelievo con gastroscopio e rappresentano una grossa problematica per i pazienti più paurosi o facilmente impressionabili, che spesso e volentieri preferiscono sottrarsi all’esame.

Senza biopsia duodenale, tuttavia, non solo un tempo era impossibile raggiungere una diagnosi di celiachia vera e propria, ma il paziente celiaco (non dichiarabile come tale, seppur ammalato, per mancanza di “prove” concrete), non poteva accedere a tutti i benefici economici previsti dallo Stato per sostentare la costosa dieta priva di glutine degli ammalati, con erogazione mensile o annuale di buoni pasto.

Ma che cosa prevede? Il protocollo prevede che i pazienti con quadro clinico da malassorbimento e sintomatologia gastrica correlata all’assunzione di glutine, in presenza di positività per gli anticorpi anti-tTG IgA superiore di almeno 10 volte il valore soglia e confermata da:

  1. Positività per gli EmA IgA (valore che indica che gli anticorpi sono effettivamente presenti in quantità tali da porre in allarme) e
  2. Compatibilità genetica (con presenza di geni HLA-DQ2 e/o DQ8)

Si possa diagnosticare con certezza la presenza di Malattia Celiaca conclamata (MC) senza ricorrere a biopsia duodenale, superando così uno dei maggiori scogli diagnostici ed uno dei principali motivi di non-collaboratività dei pazienti.

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E per quanto riguarda il follow up?

Per quanto riguarda il follow-up successivo a diagnosi, le linee guida suggeriscono controlli costanti per verificare la corretta adesione del paziente alla dieta aglutinata così da prevenire eventuali complicazioni, rare ma a prognosi assolutamente sfavorevole, causate per l’appunto dalla celiachia stessa.

A 18 mesi dall’inizio della terapia con dieta senza glutine si suggerisce esame per valutare la densità ossea del paziente (MOC) per valutare l’eventuale presenza di osteopenia/osteoporosi. L’esame andrà ripetuto per tenere sottocontrollo la cosa soltanto in caso di diagnosi sfavorevole.

Gli esami relativi al titolo anticorpale vanno ri-eseguiti almeno ogni tre anni dal momento della diagnosi e andrebbero di buona norma uniti ad un esame per valutare lo stato del TSH, dal momento che la tiroide è uno dei primi “centri” presi d’attacco dalle conseguenze della celiachia.

Celiachia in numeri: quante le diagnosi?

Si stima che, secondo un’attenta analisi svolta su campionature in larga scala sia a livello nazionale che mondiale, i casi di celiachia in Italia dovrebbero riguardare all’incirca l’1% della popolazione. E’ tuttavia dato certo che i casi diagnosticati ad oggi siano soltanto 164.500. Il numero complessivo, in realtà, basandosi sulla popolazione italiana, dovrebbe aggirarsi intorno ai 600.000, questo vuol dire che ben 5 casi su 6 sono dei potenziali non-diagnosticati.

La malattia celiaca può portare a complicazioni gravissime e va trattata con estrema peculiarità anche quando asintomatica o caratterizzata da sintomatologia atipica. Il fatto che ad oggi i celiaci diagnosticati rappresentino soltanto la punta dell’iceberg di quello che è il reale mondo celiaco, non può che fare riflettere e porre in allarme. Il rapporto di diagnosticati tra uomini e donne è di circa 1:2 e non è detto che diagnosticando i casi ancora “nascosti” la tendenza non possa invertirsi.

Lo Stato, unitamente alla comunità scientifica, sta pensando di concretizzare in maniera sempre più probabile l’ipotesi di check up obbligatori da effettuare sia alla nascita che in seguito (per i soggetti a rischio) proprio per arginare il fenomeno. Gli ultimi dati rilevanti risalgono comunque al 2013 ed il trend delle diagnosi risultava essere positivamente in crescita.

Ultimo aggiornamento 2022-05-21 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

Anna

Blogger e collaboratrice del network PUNTO Blog. Mi occupo principalmente di salute e diritti dei consumatori.

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